Alcuni mesi fa per il piccolo di casa è arrivato il momento di essere inserito alla Nursery, l’equivalente del nido italiano. Ero abbastanza preoccupata in quanto lui aveva praticamente vissuto in simbiosi con me per i primi due anni della sua vita. Soprattutto nell’ultimo anno qui in Thailandia, lontano da tutti. Pur avendo Diego un carattere completamente diverso, ero poi anche memore delle grosse difficoltà avute con l’inserimento italiano di Carlo Alberto sia al nido che alla scuola dell’infanzia. In aggiunta anche il fatto che Diego non sapesse ovviamente una parola d’inglese perché comunque in casa parliamo sempre italiano.
Il primo step dell’inserimento consisteva nel portare Diego alla Nursery una mattina affinché l’insegnante potesse osservarlo e capire se poteva essere pronto per iniziare la Nursery. Ci siamo presentati al giorno concordato in classe e Diego è stato subito attratto dai vari giochi sparsi per il giardino e si è quindi allontanato da me immediatamente. A quel punto, dopo 10 minuti di orologio che ero lì, la maestra mi ha gentilmente invitato a spostarmi nella zona uffici senza dire niente a mio figlio. E’ un insegnante molto famosa fra le mamme per la sua bravura con i bimbi per cui ho rapidamente deciso di fidarmi e sono andata. Diego, quando ha visto che mi allontanavo, ha ovviamente iniziato a piangere, anche perché non l’avevo minimamente preparato a questo. A dire il vero nemmeno io ero pronta ed avevo dato per scontato che la mattina di osservazione sarebbe trascorsa in mia presenza. Chi c’è già passato può immaginare il mio stato d’animo mentre andavo via così a tradimento. Mi sembrava che mi stessero stritolando il cuore…
Sono rimasta volutamente nella zona esterna agli uffici da dove potevo sentirlo piangere. Dopo 2/3 minuti, che a me sono sembrati interminabili, non ho più sentito il suo pianto. Diego mi è stato riconsegnato 3 ore dopo all’orario di uscita della Nursery. Era per mano alla maestra e molto serio in viso. Quando mi ha visto mi ha preso la mano e mi ha tirata via senza il minimo sorriso come a dire che voleva fare presto ad andarsene. La maestra mi ha detto che dopo due minuti di pianto l’aveva portato all’interno della classe da solo, in modo che si sentisse più protetto fra quattro mura. Aveva pianto ancora per due minuti poi, vedendo tanti giochi attorno a sé, sembrava aver pensato che OK, la mamma non c’era, ma tutto sommato nel frattempo poteva approfittarne per giocare! E non aveva più pianto. Per lei avrebbe quindi potuto iniziare la Nursery tranquillamente alla data stabilita, 20 giorni più tardi, con l’inizio del secondo trimestre. In auto è stato poi un pò nervoso e stranamente non si è addormentato nonostante fosse passato da tanto l’ora della sua nanna giornaliera. La giornata è poi scivolata via abbastanza tranquilla anche se si capiva che ce l’aveva un pò con me. Poi con il passare dei giorni l’episodio è stato dimenticato o forse solo accantonato. Il giorno stabilito, l’ho accompagnato io a scuola abbastanza preparata al fatto che, probabilmente, non mi avrebbero fatto rimanere. Diego era un pò rigido anche se orgoglioso di avere uno zainetto sulle spalle. Appena arrivati è stato accolto gioiosamente dalla maestra che mi ha subito salutato perché io me ne andassi. Diego ha pianto di nuovo ma, giusto il tempo di arrivare davanti agli uffici, ed aveva già smesso. Mi è stato riconsegnato 4 ore dopo, un po’ meno nervoso della prima volta, ma sempre poco sorridente. La maestra mi ha detto che era stato tranquillo tutta la mattina. Le ho chiesto se secondo lei era il caso di mandarlo a scuola il giorno dopo con il pulmino insieme al fratello e lei mi ha detto che non vedeva nessun problema. Sono pur sempre una mamma italiana ed il pensiero che se ne andasse in pulmino a 26 mesi per 40 minuti di viaggio un po’ mi preoccupava. Più tardi l’ho chiesto anche a lui e mi ha risposto di sì!
Il giorno dopo è salito sul pulmino della scuola con entusiasmo. Poco prima mi ha fatto capire che voleva che io salissi con lui, ma quando gli ho risposto che le mamme non potevano salire, non ha avuto il minimo tentennamento!
Mi sono sentita molto orgogliosa di lui e nello stesso tempo, ad essere sincera, anche un po’ rammaricata perché andava senza problemi da solo. L’eterno conflitto di noi mamme fra la voglia di vederli crescere indipendenti e il desiderio di tenerli sempre piccoli vicino a noi….! Devo dire che la maestra aveva ragione ed il viaggio in pulmino per Diego, così come per Carlo Alberto, è stato da subito un incentivo per andare a scuola con più entusiasmo. Il saluto alla mamma a casa, nel proprio ambiente, anziché a scuola, ambiente non così familiare, facilita anche il momento del distacco. E anch’io ho capito di non essere una mamma degenere per il solo fatto di mandarlo in pulmino, ma una mamma che aiuta il suo piccolo ad essere indipendente. Insomma, è stata una lezione anche per me.
Diego ha iniziato a frequentare la Nursery solo tre mattine alla settimana perché è un bimbo che ha bisogno di dormire ancora molto e dorme di abitudine prima dell’ora di pranzo. Essendo poi qui in Thailandia sempre caldo e trascorrendo a scuola tanto tempo in giardino, arrivava al venerdì già molto stanco con solo tre mattine.
Nelle prime due settimane non ha mai pianto. Nella terza è stato a casa ammalato e durante la quarta ha pianto tutte e tre le mattine mentre lo vestivo. Poi appena lo legavo nel seggiolino nel pulmino smetteva come per magia. Da quei giorni non ha mai più pianto. Anzi, ben presto ha iniziato a piangere nelle due mattine che rimaneva a casa con me e vedeva il fratello andare a scuola!
Insomma, un inserimento davvero splendido. O forse, non è giusto parlare d’inserimento, perché in questa scuola praticamente l’inserimento, come lo intendiamo in Italia, non esiste dal momento che i bimbi vanno solo accompagnati in classe. Non posso fare a meno di chiedermi se questo metodo sia migliore di quello all’italiana. Pur essendo perfettamente consapevole che ogni bimbo è diverso dall’altro e non è possibile generalizzare, qualche dubbio sulla troppa lentezza con cui il bimbo viene inserito in Italia viene. Soprattutto ho molte perplessità sul fatto che la presenza della mamma in classe faciliti l’adattamento del bimbo. Ricordo che Carlo Alberto, per la paura che andassi via, non si staccava da me e non andava a giocare pur avendolo sempre fatto nel quotidiano. I progressi ci furono solo quando si ritrovò finalmente da solo.
Pur partendo da un carattere diverso, ho avuto riprova di questo anche con Diego. Anche quando si trovava già nella fase in cui piangeva se non poteva andare a scuola, tutte le volte che sono stata presente io per qualche giornata particolare, appena arrivavo smetteva di giocare, mi si attaccava al collo e non partecipava più a nessuna attività. Tant’è che una volta, in occasione della festa dell’acqua, dove c’era il giardino pieno di piscinette e giochi d’acqua molto divertenti, ho deciso di andarmene dopo 20 minuti pur facendolo piangere perché capivo che la mia presenza gli impediva di divertirsi.
Dalla mia personale esperienza mi sembra di poter dedurre che spesso è proprio la presenza della madre che impedisce ai nostri piccoli di prendere il volo da soli. I bimbi, anche se piccoli, hanno tante risorse e forse ogni tanto vale la pena di lasciarli liberi di imparare ad usarle.
Questa dell’inserimento è solo una delle differenze che ho riscontrato fra le mie due esperienze in Italia e all’estero e presto vi racconterò il resto. Sarei curiosa però di sapere da voi se all’estero funziona ovunque così o se ci sono altri luoghi in cui l’inserimento è assai complesso come in Italia.
20 thoughts on “Il (non) inserimento al nido alla scuola internazionale”
Io non ti posso lasciare un commento riguardo al distacco dei bambini perche’ non ne ho!
Questo tuo post pero’ mi ha fatto riflettere sul fatto che anche noi adulti, soprattutto noi donne, ci appoggiamo molto ai nostri compagni, amici, genitori e sembra che non se ne possa fare a meno ma poi appena ci si trova soli ci si rende conto che entrano subito in campo forze che ci aiutano a farcela benissimo da soli e anzi, a volte meglio.
Penso valga anche per i bambini che in fondo sono programmati per guardare avanti !
Hai ragione, quando si hanno tanti aiuti intorno, se non si é particolarmente indipendenti, si tende ad appoggiarsi agli altri. Soli all’estero si é costretti ad attingere alle proprie risorse e capacita’ che quasi sempre si rivelano maggiori di quanto pensavamo!
Io ho inserito nello stesso modo il piccolo nella materna comunale. Dieci minuti il primp giorno e poi basta. Ha pianto le prime due mattine e poi basta. Sono d’accordo con te la presenza della mamma non sempre aiuta.
Grazie del commento e benvenuta! Alla materna in Italia? A me avevano fatto stare tutta la mattinata il primo giorno. Poi avevo dovuto aspettare piu’ di una settimana per mandarlo di nuovo perche’ inserivano solo tre bimbi al giorno. E mi fecero stare con lui ancora qualche ora perche’ piangeva… Al nido invece era stato un inserimento lungo con me presente per diversi giorni. E strazianteper quanto pianse…
E’ vero che i bimbi sono molto piu’ indipendenti all’estero, anche qui a Londra li si vede andare in bus da soli… e insomma, e’ Londra! Io sono cresciuta in una piccola cittadina e mi fa un sacco impressione. Anche se in fondo li invidio 😉
Onestamente anche a me fa impressione!! Ho bisogno di prendere ancora un po’ di lezioni mi sa….
Io non ho idea di come funzioni in Italia. Mi spieghi?
Qui in Germania dura circa due settimane, ma dipende dal bimbo. Nel caso di ciccio 3 gg. Ormai alla seconda settimana fa pure la pennichella e la merenda li.
Io sono contenta che lui abbia l’opportunità di crescere con gli altri bimbi e di ricevere più stimoli di quanti gliene possa dare io. E poi per me è anche fondamentale per la lingua, dato che anche noi parliamo solo italiano a casa.
Qui li portano spesso fuori, al parco o ai musei o a pattinare in inverno. Cosa credo impensabile in Italia
Benvenuta qui!
Grazie di avermi riportato la tua esperienza. Allora anche lì in Germania è un po’ lunghetto l’inserimento… Io in Italia per l’ingresso al nido ai due anni del mio primogenito, ero dovuta stare tutta la mattina il primo giorno, poi nei giorni a seguire mi facevano stare un’ora o due e poi mi mandavano fuori dal cancello, ma dovevo rimanere lì perché nel caso avesse pianto tanto mi avrebbero richiamato. Il mio piangeva sempre e quindi mi richiamavano. Secondo me anche perché lui aveva capito che io ero in zona.. Quarto e quinto giorno potei andare via, ma dovevo andare a prenderlo prima di pranzo. Dalla seconda settimana passammo al ritiro dopo pranzo. Ed aspettai ancora per poterlo lasciare a dormire al pomeriggio. Comunque dopo la prima settimana e per almeno 15 giorni, lui ha sempre pianto quando andavo via, ma sentivo che smetteva appena giravo l’angolo. Pur avendo lui un carattere molto diverso dal fratellino, mi viene da pensare che il farmi stare lì non sia servito ad addolcirgli il distacco, ma ad impedirgli di prendere coraggio per andare a divertirsi perché stava sempre attaccato alla mia gamba avendo capito che poi sarei andata via. Non riusciva a stare tranquillo quindi nemmeno con la mia presenza.
Qui diciamo non c’è una regola fissa. Già al secondo giorno mi hanno lasciata allontanare per un’ora, perché vedevano che Ciccio era tranquillo. Però mi hanno sempre dato il tempo e la possibilità di dirgli ciao, perché non volevano Ciccio si sentisse abbandonato, doveva essere consapevole del fatto che me ne stessi andando. Io finora con questo approccio mi sto trovando bene, so di bimbi che però hanno impiegato mesi ad inserirsi. Credo che, oltre che dal pupo, dipenda anche dalla madre, da quanto si senta pronta a lasciare il figlio. Ad ogni modo, a parte se io mi sentissi pronta o meno, a parte il carattere molto espansivo di Ciccio, io tra poco torno a lavorare, quindi o si inseriva velocemente o si inseriva velocemente 😉
Ecco, qui invece non me l’hanno fatto salutare perché lui stava giocando tranquillo in giardino. Questo è stato sicuramente faticoso per me…
Sono d’accordo che anche l’atteggiamento della madre vuol dire tanto. Se il bimbo la sente serena, per lui sarà più facile fidarsi. Fermo restando che dipende anche tanto dal carattere del bimbo.
Ah sì, forse quando si è costretti perché bisogna rientrare al lavoro, si passa sopra a tante paranoie…
Nemmeno qua in Spagna esiste l’inserimento “all’italiana” anzi quando commento che in Italia può essere una litania di 20 giorni, a spizzichi e bocconi mi dicono che ci credono poi che si traumatizzano i bimbi. Qua viene fatto un colloquio personale con la maestra e la famiglia, il bimbo in classe comincia a familiarizzare, si riempiono questionari a casa e poi nel colloquio si commentano domande come “il bimbo (di tre anni eh”) è molto attaccato ai genitori? Dorme da solo? Gioca da solo? Meh, alcune domande per me erano senza senso ma appunto abbiamo avuto modo di spiegarci.
Primo giorno di scuola? I bimbi vengono messi in fila, fanno ciao ciao con la manina ed entrano. Il mio è sempre corso dentro, tutto contento. Certo, ci sono quelli a cui costa di più entrare, ma i genitori vengono presto fatti uscire tutti dal cortile.
Oggi causa camion di traverso ci abbiamo messo due minuti in più e mio figlio tutto incazzato perché è entrato che la fila era già in classe.
Quindi anche per noi è stato un non-inserimento andato a buon fine con successo!
Grazie per aver condiviso l’esperienza spagnola! Quindi anche lì tutto molto easy…
E’ chiaro che non tutti i bimbi sono uguali. I miei due sono diversissimi. Forse però trovarsi tutti insieme, tutti senza mamma, contribuisce a far sentire subito parte di un gruppo e far trovare ai bimbi le risorse per affrontare il distacco.
Mi è piaciuto molto questo post. Mi sono rivista quando mia mamma, una delle poche lavoratrici di allora nel mio paese d’origine (erano gli anni settanta), lasciava me e mia sorella a scuola prima di tutti, per poi correre a lavorare. Non ricordo di aver mai pianto, però ricordo benissimo il dolore che provavo dentro. Sognavo che facesse la casalinga, che mi portasse a scuola più tardi come tutte le altre, con un bacio, la pizza e mi chiamasse “amore”. Invece niente. Poi presi il pullmino e infine andai in bicicletta.
Solo a distanza di anni capii che lei era una delle poche donne emancipate dell’epoca, e che non poteva fare diversamente. E che soffriva anche lei. Però sono cresciuta più indipendente delle altre, e infattti sono l’unica tra le mie ex compagne ad aver poi girato il mondo da sola.
Ehi, mi hai ispirata a scrivere un post su questo argomento! GRAZIE! 🙂
Mi fa piacere avere un commento anche da una “non mamma”…grazie!
In effetti ci sarà un motivo se i bimbi e ragazzi stranieri sono solitamente molto più indipendenti di quelli italiani… Direi che il tipo di approccio genitoriale è fondamentale.
Poi passo a leggere allora!
A grandi linee ti ho già accennato come procede per noi ma aprofitto del post per raccontare meglio.
Anche per noi non c’è stato nessunissimo inserimento. Sarà una linea che seguono in questo paese in generale? I bambini arrivano a scuola e nel cortile dove i genitori possono parcheggiare ci sono le varie assistenti pronte ad accompagnarli in classe (Queste ragazze affiancano le educatrici per tutta la giornata per cui i bambini le conoscono molto bene hanno confidenza con loro). I genitori vengono sconsigliati ad accompagnare personalmente i bimbi in classe. Questo metodo si è rivelato molto efficace per noi, di fatto mio figlio non ha pianto al momento del distacco per i primi tre giorni. Mi hanno riferito che ha iniziato a piangere a metà mattinata ma non per molto. Dal venerdì poi qualcosa è cambiato. È tornato a casa serio e scontroso e mi ha detto “domani a scuola no, non piace”. Ho parlato di questo con l’amministratrice e mi ha spiegato che lui ha di fatto dei problemi di comunicazione perché non parla inglese. In genere a casa è molto chiacchierìno e può essere che si sia stancato di non aver riscontro dall’altra parte perché si esprime in un altra lingua o, forse, non si sente capito. Un’altra cosa che mi viene in mente come qualcosa che non abbia gradito è il fatto che a scuola si seguono delle regole ben precise: togliersi le scarpe da soli prima di entrare, rimetterle da soli prima di uscire a giocare all’aperto, stare seduti a tavola ecc. e lui è sempre stato un po’ ribelle nell’accettare imposizioni nonostante i nostri sforzi.
Ad ogni modo le cose sono cambiate e adesso va a scuola con più difficoltà, ma questo credo che sia legato alla personalità individuale di ogni bambino e non al metodo di inserimento.
Dalla terza settimana ha iniziato ad andare a scuola con il servizio scuola-bus ma non si tratta di un pulmino vero e proprio. Nel nostro villaggio vengono a prendere solo due bambini e lo fanno con la macchina. La macchina non ispira gioco e divertimento agli occhi di un bimbo.. Se uno scuola bus offre video di cartoni, musica per bimbi ecc. è di sicuro più piacevole! Questo è un altro punto che non mi ha aiutata per cui per me: si allo scuola-bus a partire dalla scuola dell’infazia purché sia un mezzo “a misura di bambino”!
Sempre secondo la mia esperienza: molto meglio il “non inserimento” purché la mamma lo saluti con fermezza e un grande sorriso e non trasmetta le proprie ansie. Altrimenti si rischia che il bimbo percepisca lo stato d’animo della mamma e pensi “..ho ragione io a diffidare di questo posto!”
Sono d’accordo con le tue considerazioni.
Anche secondo me, non entrando la mamma in classe, il distacco è più indolore.
Il problema della lingua è sicuramente un elemento di difficoltà che si va ad aggiungere al resto. Il mio forse questo l’ha sentito meno perché ancora parlava poco anche in italiano quindi più abituato ad esprimersi a gesti. Certo invece avrà avvertito il fatto di non capire nulla perché invece in italiano capiva già tutto perfettamente. Significativo è che tutte le nuove paroline imparate negli ultimi mesi sono inglesi per cui è chiaro che per lui in questo momento è prioritario farsi capire a scuola piuttosto che a casa!
Eh sì, agli occhi di un bimbo il pulmino ha tutto un altro fascino rispetto ad un auto!
non ho esperienze all’estero ma, in base al mio percorso personale, posso dirti che concordo sulle tue conclusioni. come dici tu dipende molto dal carattere del bambino ma anch’io ho il sospetto che la presenza della mamma non faciliti le cose perchè il bimbo tende a cercarla non prestando attenzione a tutto il resto (giochi, divertimenti,…).
la mia primogenita è andata a scuola a 4 anni e non c’è stato nessun inserimento. nessun problema eppure era stata sempre e solo con me. credo che se fossi rimasta in classe sarebbe successo quello che hai descritto tu. poi, ripeto, dipende anche dal carattere del bimbo. e, last but not least, anche dall’atteggiamento della mamma. se noi abbiamo qualche paura o una reticenza a lasciarli loro lo percepisco e il percorso diventa più difficile. i nostri piccoli sono davvero sensibili e molto ricettivi e vivono in simbiosi con noi, soprattutto nei primi anni. noi dobbiamo sempre cercare di trasmettergli calma e sicurezza e non sempre è facile ;).
sono felice di questo bell’inserimento di diego. evviva!
ciao federica!
Ciao!
Scusa il ritardo della mia risposta ma sono stata senza connessione internet per diversi giorni. ..
Grazie per aver raccontato anche la tua esperienza. Concordo in tutto!
Un abbraccio
Non potrei essere piu’ d’accordo. Io due inserimenti a scuola, lasciata subito sei ore. Nessun problema (e proprio oggi ne ho scritto per noi!!)
Quindi anche a Miami nessun inserimento!
Grazie per il tuo contributo
Un abbraccio