La scorsa settimana alla scuola internazionale dei miei figli è stata Book Week, la settimana dedicata completamente ai libri, evento proposto da tutte le scuole di curriculum inglese. Le iniziative sono state tantissime e praticamente tutte le attività della settimana hanno ruotato intorno al mondo dei libri ed ai vari eventi ad essi connessi. A scuola così come a casa perché, l’evento finale che ha chiuso la settimana è stato, come sempre, la Book Parade, una sfilata che coinvolge tutti gli studenti e gli insegnanti e, indirettamente anche noi genitori che dobbiamo vestire i bimbi con un costume di un personaggio di un libro. Gli scorsi anni me l’ero sempre cavata facilmente perché i bimbi avevano trovato qualcosa di loro gradimento fra i pochi costumi che si trovano in vendita qui a Pattaya. Questo vale solo per i maschi perché, per le femmine, la scelta di vestiti da principessa e varie è pressoché infinita, dato che per le bimbe thai è normale uscire anche a fare la spesa con la mamma vestite da princess! Quest’anno invece mi è andata malissimo perché nella Nursery di Diego la maestra ha deciso di far vestire tutti con un soggetto del libro “The very Hungry Caterpillar”, il famoso libro inglese del bruco che si trasforma in farfalla che stanno usando a scuola proprio in questi giorni. Diego non ha avuto dubbi nel dire che voleva vestirsi da farfalla! Ho provato a distoglierlo proponendogli il bruco che mi sembrava più adatto ad un maschietto, ma è stato categorico. Nessun problema ovviamente per la maestra dato che nella scuola inglese i maschietti giocano indifferentemente con giocattoli tipicamente femminili e viceversa. In più ci troviamo in Thailandia, dove è così labile il confine fra sfera maschile e femminile che sapevo che non se ne sarebbe stupito nessuno. Consapevole che avrei perso solo tempo a cercare un costume da farfalla ho comprato un po’ di materiale per abbinarlo a cose che avevo in casa. Ovviamente il giorno dopo Diego ha iniziato a dire che voleva vestirsi da bruco e, quello dopo ancora, gridava che voleva essere un coocon (bozzolo)! Allora mi sono messa subito a fare le ali perché sapevo che, vedendole, sarebbe tornato all’idea originale. E così è stato ed il difficile è stato convincerlo ogni mattina che non era ancora il giorno della parata e doveva andare a scuola in uniforme!
Se mi sono divertita a dipingere le ali piene di colore copiandole direttamente dal libro, ho dovuto invece tirare fuori la mia famosa pazienza per il costume di Carlo Alberto. Ho voluto fargli una sorpresa scegliendo Steve, uno dei personaggi di Minecraft, il videogiochi più amato del momento.
Per fare tutto ho impiegato diverse ore, ma vedendo la soddisfazione ed i sorrisi di entrambi i miei figli, nell’uscire di casa con i loro costumi, mi ha ripagato abbondantemente di tutto!
La sfilata è stata come sempre divertente per la presenza di bambini, ragazzi ed insegnanti vestiti in maniera fantasiosa e simpatica.
Alcuni docenti si sono anche esibiti in una piccola commedia davvero esilarante che ha fatto ridere tutti.
La cosa più bella che salta sempre agli occhi è l’entusiasmo e la partecipazione degli insegnanti stessi che non hanno nessun problema a scendere al pari dei loro alunni per un giorno e divertirsi come bambini scegliendo, proprio loro, i vestiti più pazzi e divertenti.
Sicuramente in parte è dovuto al fatto che l’età media dei docenti è veramente bassa in confronto a quella che credo essere la media italiana. E’ normale infatti vedere insegnanti giovanissimi. Non è però solo quello perché ho visto anche insegnanti più maturi calarsi perfettamente nei panni goliardici dei personaggi scelti. Credo sia più un generale e genuino entusiasmo per il loro lavoro, entusiasmo che si riversa in tutto il processo educativo e che riesce a coinvolgere e trascinare anche i bambini portandoli al concetto che apprendere è divertente. Non credo sia un caso che entrambi i miei figli escano felici di casa ogni mattino.
La sfilata è stato il momento conclusivo e più divertente, ma tutta la settimana ci sono state attività a tema. E’ stato bello ogni giorno vedere entrare in casa Carlo Alberto facendomi “strane” richieste per un bimbo di 7 anni. Un giorno mi ha chiesto se potevamo vedere il film di “Anna Frank” perché quel giorno aveva visitato la mostra della “Anne Frank House” ospitata a scuola.
Un altro giorno ha voluto vedere un film tratto dai libri di Julia Donalson perché ne avevano parlato a scuola ed un altro mi ha parlato entusiasta di Gail Clarke, una scrittrice ed illustratrice di libri per bambini, che era stata ospite a scuola e aveva raccontato loro tanti aneddoti sui suoi libri. Sono stati tre gli scrittori più o meno famosi invitati, adatti alle varie fasce di età. Gli autori non hanno solo parlato dei loro libri, ma hanno insegnato a tutti, dai bambini di 5 anni ai ragazzi di 18 anni, come sono nate le storie nella loro fantasia e come si scrive un libro.
Tutta la settimana in classe hanno rafforzato i concetti principali parlando di libri, analizzandoli e creando i propri tenendo presente i punti principali: personaggi, ambientazione, inizio, svolgimento e finale. Hanno parlato di tutte le professioni coinvolte, l’autore, l’editore e l’illustratore.
Nella pausa pranzo i bimbi potevano scegliere di recarsi in uno dei punti lettura allestiti con tappeti e cuscini nelle classi ed in giardino dove potevano ascoltare volontari, fra genitori e personale, che leggevano loro dei libri o leggere in autonomia i tanti testi a disposizione.
I bimbi più grandi inoltre si sono recati nelle classi dei più piccoli a leggere libri per loro.
La settimana del libro è finita, ma per Carlo Alberto continua l’esplorazione di questo mondo perché l’unità che stanno affrontando questo trimestre riguarda proprio i libri. Ieri è tornato a casa tutto entusiasta perché la sua classe aveva ricevuto una lettera da un editore che commissionava loro una serie di libri per la classe Year 1 che necessitava di nuovi testi. Hanno allora scritto alla classe una serie di domande via e.mail per sapere il genere di libri che desideravano, quali personaggi amavano ed altre cose decise da loro. E, da oggi, ogni bambino sta costruendo e scrivendo il suo libro in totale autonomia seguendo le richieste, ma inventando un proprio racconto. La lettera dell’editore viene ovviamente dal maestro, ma l’entusiasmo di mio figlio mi ha fatto capire ancora di più quanto sia bello che l’educazione inglese punti molto sul lato pratico dell’apprendimento, coinvolgendo i bambini in prima persona.
Forse perché amo i libri, ma ritengo che la Book Week sia una delle iniziative più belle della scuola inglese.
PS: per chi dovesse essere interessato nei prossimi giorni posterò un articolo con le istruzioni per entrambi i costumi.
8 thoughts on “Book week alla scuola inglese: insegnare ad amare i libri”
Ma che bella iniziativa! Sono felice per i tuoi bimbi.
Grazie! Sono felice anch’io che possiamo con questo espatrio, dar loro questa che si sta rivelando sempre di più un’opportunità
Complimenti per i costumi, bellissimo il tuo bimbo in giallo oro.
Trovo che sia un’idea stupenda questa di valutare i libri in un’ epoca in cui invece stanno quasi sparendo causa le nuove tecnologie che tolgono spazio alla vecchia e amata carta.
Questa scuola mi sembra davvero un bel regalo per i tuoi figli e in effetti questi insegnanti sono proprio ganzi ma per questo basta solo uscire dall’Italia, purtroppo.
Grazie Serena!
Come ripeto io amo tanto i libri e per questo non posso che apprezzare questa bella iniziativa.
bellissimo i costumi ma sopratutto bellissima idea! Mi piace un sacco come l’hanno strutturato !
Davvero bello e utile .
Grazie. Non c’è che dire infatti, bellissima iniziativa
Trovo bellissimo che il bimbo abbia trovato perfettamente normale vestirsi da farfalla e che nessuno lo abbia ridicolizzato per questo… non ce la vedo proprio una cosa del genere in Italia!!
Anche a Londra usa tantissimo vedere principesse che vanno a scuola o a fare la spesa coi genitori e lo trovo adorabile 🙂
La Thailandia per questo è veramente all’avanguardia… E’ normale per esempio che persone che stanno cambiando sesso e quindi ancora “riconoscibili”, abbiano accesso alle varie professioni come chiunque altro, negli ospedali, nei negozi ed ovunque.